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TRIESTE E LA STORIA

Trieste; dalla Preistoria al Medioevo:
La città di Trieste e il suo retroterra del carso triestino divenne sede stabile dell'uomo già nel III millennio AC con i Carni, tribù indoeuropea da cui viene probabilmente il nome Carso. Successivamente arrivarono gli Istri, popolazione illirica, che con la costruzione dei castellieri divenne la civiltà principale fino all'insediamento del Paleoveneti nel 2000 a.C. Nel II secolo AC diviene municipio romano con il nome di Tergeste. Essa prosperò sotto la dominazione romana e dopo la caduta dell'impero d'Occidente fu prevalentemente colonia militare bizantina, fino al 788, quando divenne dominio dei franchi, dai quali i vescovi ebbero l'autorità temporale che esercitarono fino all'affermarsi del comune verso la fine del XII secolo.
Trieste e gli Asburgo:
Nel XII secolo Trieste divenne un comune libero, ma dopo un paio di secoli di guerre con la rivale Venezia, Trieste si pose sotto la protezione del Duca d'Austria (1382) conservando però una certa autonomia fino al XVII secolo. Nel 1719 Carlo VI d'Austria dichiarò Trieste porto franco ed il governo dell'Impero Austriaco investì migliaia di fiorini per la città e dopo la morte dell'imperatore (nel 1740) salì al trono la giovane Maria Teresa d'Asburgo che grazie ad una attenta politica economica permise a Trieste di diventare uno dei principali porti europei
. Trieste venne occupata per tre volte dalle truppe di Napoleone, nel 1797, nel 1805 e nel 1809, quando fu annessa alle Province Illiriche; in questi brevi periodi Trieste perde definitivamente l'antica autonomia e viene sospeso lo stato di porto franco. Ritornata agli Asburgo nel 1813 la città cresce, anche grazie all'apertura della ferrovia con Vienna nel 1857, e diviene capoluogo della regione del Litorale Adriatico (il Küstenland) nel 1867. Trieste così divenne la terza città dell'Impero Austro-Ungarico.
Le lingue sotto la dominazione asburgica:
Fino al principio del XIX secolo a Trieste si parlava il tergestino, un dialetto di tipo retoromanzo molto vicino al friulano, che fu gradualmente sostituito da altri idiomi, portati da numerosi immigranti, come l'italiano, il veneto, il tedesco e lo sloveno portato dagli abitanti del Carso e di altre regioni limitrofe già dal XIII secolo. Comunque, grazie al suo stato privilegiato di unico porto commerciale di una certa importanza dell'Austria, Trieste mantenne sempre in primo piano nei secoli i legami culturali e linguistici con l'Italia. Infatti, nonostante la lingua ufficiale della burocrazia fosse il tedesco, l'italiano o meglio un suo dialetto era la lingua più parlata dagli abitanti e usata nel consiglio comunale: lo storico Pietro Kandler riporta, nella sua Storia di Trieste, che: "A Trieste la nobilta' parla il Tedesco, il popolo l'Italiano e il contado lo Sloveno".
Secondo il censimento austriaco del 1910 dopo una revisione, su un totale di 229.510 abitanti di Trieste, risultò la seguente ripartizione:
- 118.959 pers. corrispondenti al 51,8% parlavano italiano.
- 56.916 pers. corrispondenti al 24,8% parlavano sloveno.
- 11.856 pers. corrispondenti al 5,2% parlavano tedesco.
- 2.403 pers. corrispondenti al 1,0% parlavano
croato o serbo.

- 779 pers. corrispondenti al 0,3% parlavano altre lingue.
- 38.597 pers. corrispondenti al 16,8% di cittadini stranieri a cui non era stata chiesta la lingua madre tra i
quali:
- 29.639 pers. corrispondenti al 12,9% erano cittadini
italiani.

- 3.773 pers. corrispondenti al 1,6% erano cittadini
magiari.

Il passaggio all'Italia:
Trieste fu, assieme a Trento, influenzata dall'irredentismo, movimento che puntava ad annettere all'Italia tutte quelle terre abitate da secoli da popolazioni di cultura italiana o italica, ma che ancora non facevano parte dell'Italia d'allora, appuntodette "terre irredente". Nel 1920 Trieste venne annessa all'Italia insieme al resto della Venezia Giulia. L'annessione determinò la perdita di importanza della città stessa che si ritrovò ad essere città di confine, senza un vero e proprio hinterland, poichè quello occidentale è tutt'ora parte della provincia di Gorizia. Trieste, come città di confine, ha dovuto fare i conti con i movimenti nazionalistici che erano molto forti nella zona e che si accentuarono soprattutto nel periodo fascista. L'obiettivo, come già successo in molti altri stati, era quello di nazionalizzare e centralizzare per cui le minoranze etniche erano sottoposte a misure di assimilazione. A Trieste dovette farne le spese anche la minoranza slovena. Il 13 luglio 1920, si verificò un efferato incidente di stampo anti-slavo, famoso nella memoria storica degli sloveni come: "il rogo del Narodni dom", la "Casa del popolo" slovena incendiata nel corso di forti proteste anti-jugoslave, avvenute a Trieste in seguito a uno scontro tra soldati italiani e la popolazione civile croata, avvenuta a Spalato in Dalmazia, durante la quale persero la vita due militari italiani. Con l'avvento del fascismo la politica snazionalizzatrice si rafforzò: furono sciolte tutte le organizzazioni slovene, fu proibito l'uso pubblico della lingua slovena anche nelle chiese, italianizzati i cognomi e in molti casi anche i nomi di origine slava. Moltissimi intelettuali e liberi professionisti sloveni emigrarono da Trieste e trovarono asilo politico nella vicina Jugoslavia, dove molti ricoprirono funzioni di spicco nella cultura, economia e vita politica slovena.
Alla dura politica snazionalizzatrice del regime, gli sloveni risposero dapprima con atti di resistenza passiva, mentre dalla fine degli anni venti in poi si verificarono, ad intermittenza, atti di violenza contro esponenti del regime fascista e in alcuni casi contro membri delle forze dell'ordine, orditi da organizzazioni sovversive ed irredentiste slovene. Conseguentemente il 6 settembre 1930 furono fucilati, nel campo di Basovizza, quattro antifascisti sloveni, condannati nello stesso anno dal Tribunale speciale per la difesa dello Stato quali responsabili di numerose azioni violente, alcune con vittime civili e militari, avvenuti a Trieste e dintorni. Nel decennio che precedette la seconda guerra mondiale, furono fucilati altri quattro combattenti irregolari sloveni, che in seguito divennero un simbolo dell'antifascismo sloveno con il nome di "martiri di Basovizza".

Ripreso e adattato da Wikipedia l'enciclopedia in rete.